Triangle of Sadness

Regia di Ruben Östlund.
Un film con Harris Dickinson, Charlbi Dean Kriek, Woody Harrelson, Vicki Berlin, Henrik Dorsin.
Titolo originale: Triangle of Sadness.
Genere Satirico, – Svezia, 2022, durata 149 minuti.
Distribuito da Teodora Film.

Venerdì 28 aprile, ore 21.00
Domenica 30 aprile, ore 18.30
Lunedì 1 maggio, ore 21.00

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I modelli Carl e Yaya, dopo aver discusso di denaro una sera al ristorante, vengono invitati ad una crociera di lusso, tra milionari soli e accompagnati di varie provenienze e anziani e gentili fabbricanti d’armi. Ma la sera della cena col capitano una terribile mareggiata getta ospiti e equipaggio nel caos più totale, e i due bellissimi si ritrovano spiaggiati su un’isola, senza essere in grado di procurarsi aiuto né cibo.

Ostlund ama indubbiamente mettere il dito nella piaga ma ancora di più ama osservare la piaga da una prospettiva originale, spesso contraria al comune senso di marcia.

La sequenza iniziale del film, con la sfilata di modelli uomini interrogati sui loro diritti calpestati (guadagnano un terzo delle colleghe femmine) inaugura subito un gioco di ribaltamenti che continuerà con l’imposizione da parte della miliardaria russa di un bagno in mare a tutta l’equipaggio della nave e approderà definitivamente in superficie con l’episodio finale sull’isola e la presa del potere da parte di chi, nel mondo pre naufragio, era ultima fra gli ultimi.

Ma ciò che rende speciale questo approccio è l’aggiunta dell’umorismo: il fatto che, in quel prologo da antologia, ci sia l’inquadratura del cane, e che il pomeriggio “libero” dell’equipaggio preveda la discesa sullo scivolo, e che sull’isola appaia il sottomarino dell’amore. Si ride moltissimo, infatti, in Triangle of Sadness, mentre va in scena, in maniera spettacolarmente orribile, la fine della civiltà occidentale. E si ride senza dimenticare che lo si sta facendo a partire da una questione seria (come dimostrano le sue conseguenze drammatizzate), perché è a questo scomodo miscuglio che il regista mira.

Per quanto le immagini abbiano un ruolo centrale nella sua opera, e il suo guardare con lenti senza filtro il comportamento umano sia spesso il motore della sua indagine cinematografica, Ostlund è anche un regista di parole: il linguaggio è causa ed effetto della sua graffiante ironia (basti pensare a Woody Harrelson, capitano marxista di una nave abitata solo da ultra ricchi, che propone le sue riflessioni politiche al microfono di bordo nella notte dell’apocalisse) ed è proprio a partire da un tabù del linguaggio, per cui sarebbe poco educato parlare di soldi, che hanno inizio, a cascata, le sarcastiche argomentazioni di questo assurdo postulato (dall’oligarca che si è arricchito col letame al vomito indotto dalla combinazione di Champagne e “forza maggiore”).

Una durata minore avrebbe dato più compattezza al film, più fulmineità (la terza parte è di gran lunga meno originale del resto) ma, nonostante ciò, si esce ritemprati dalla visione di Triangle of Sadness, felici che ci sia qualcuno che ci prende ancora ferocemente in giro e colpisce alla testa.

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