Sansone e Margot – Due Cuccioli all’Opera

Regia di Vasiliy Rovenskiy.
Un film con Diomid Vinogradov, Garik Kharlamov, Filipp Lebedev, Irina Kireeva, Anton Eldarov.
Genere Animazione, – Russia, 2023, durata 75 minuti.
Distribuito da Eagle Pictures.
Consigli per la visione di bambini e ragazzi: Film per tutti

Domenica 24 novembre, ore 16:00

Biglietto per tutti a € 3,50

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Com’è dura la vita di un randagio per le strade di New York. Dura ma piena di avventure a perdifiato, sempre con la lingua di fuori, come fanno Sansone e la sua banda, Saetta, Golia e Timmy. I quattro sono l’anima di un gruppo di cani randagi che si affida al loro buon cuore – e alla riuscita delle loro imprese – per avere ogni giorno una salsiccia da poter addentare. Un giorno, mentre sta scappando dai molossi dell’accalappiacani, Sansone si intrufola nel camerino della prima ballerina del Metropolitan, Anastasia, e qui conosce la barboncina Margot. Dopo qualche screzio iniziale, i due si ritrovano a far fronte comune: la corona di diamanti che Anastasia avrebbe dovuto indossare durante l’ultimo atto della Carmen è stata rubata, e senza di quella la ballerina sarà licenziata. Sansone e Margot, insieme al resto della banda, partono così verso la loro più grande impresa.

Continua il lavoro di diffusione della nuova animazione russa portato avanti da Eagle Pictures. A ben elencare questo Sansone e Margot – Due cuccioli all’Opera ha tutto quello che serve.

Nel film di Vasiliy Rovenskiy troviamo la New York di inizio Novecento che fa tanto scenario con la Broadway acciottolata e il Metropolitan di mattoni; l’incontro-scontro-sintesi tra le classi sociali che animano la città; amici che ti salvano la vita e nemici che te la vogliono togliere portandoti al canile; l’habanera della Carmen che ogni personaggio non riesce a non cantare, cioè “L’amour est un oiseau rebelle”; l’omaggio, ispirazione, calco – fate voi – a Lilli e il vagabondo. E poi l’affiatata e mai accalappiata banda: Sansone, capo sagace a cui puoi chiedere ogni sorta di piano; Saetta, braccio destro scassinatore; Golia, instancabile canide di fatica; Timmy, snodato che si intrufola in ogni camino e vespasiano.

Sì, perché anche scomponendo ai minimi termini linguistici e formali il film di Vasiliy Rovenskiy riusciamo a intravedere il buon (discreto?) livello qualitativo e quantitativo raggiunto dall’animazione russa, capace negli ultimi anni di piazzare co-produzioni, distribuzioni e numeri interessanti sia nel Vecchio che nel Nuovo Continente. E uno dei protagonisti di questa piccola e quasi schiva new wave è proprio Rovenskiy, produttore/sceneggiatore/regista, già firma di titoli come A spasso col panda, Delfy e il cerchio magico, A spasso col panda – Missione Bebè e Maurice – Un topolino al museo (al primo film dei panda partecipò Billy Frolick come sceneggiatore, già dietro Madagascar, Monster Island e PAW Patrol – Il film; a quello con i delfini, il tennista Daniil Medvedev ha prestato la voce come doppiatore).

Con Sansone e Margot Rovenskiy compila un’altra pagina del suo manuale di antropomorfizzazione del regno animale, arruolando il miglior amico dell’uomo e tutto quello che ne gira attorno. E lo fa con grande attenzione, cercando di non appiattire più che i personaggi il modo in cui loro si muovono nel loro mondo e nel nostro. C’è la differenza sociale tra Sansone e Margot, lui vagabondo di strada e lei barboncina di teatro; il passato circense del protagonista e la parabola che l’ha portato a vivere come un randagio; il mutuo soccorso che la banda persegue per poter sopravvivere e non finire in un canile.

E poi c’è un altro aspetto, a volte completamente ignorato e a volte trattato superficialmente in animazioni del genere, che Rovenskiy mette in primo piano: come fanno i protagonisti animali a comprendere gli umani e quello che fanno? Sansone e Margot, visto il rapporto con i loro padroni, riescono a capire quello che si dicono gli uomini e le donne del film, di più, si sforzano di tradurre i termini usati da questi per indicare gli oggetti, gli spazi, le azioni che compiono.

Il piglio e la precisione della sceneggiatura non vengono sempre supportate dall’animazione, che investe ogni sforzo possibile per l’aspetto grafico del mondo animale e si perde in qualche passaggio a vuoto nella rappresentazione di tutto il resto.

È vero, il film è pieno di inseguimenti, fughe, furti con scasso e rapine a mano guantata, e Rovenskiy cerca anche qualche colpo a sorpresa a livello di inquadrature e angoli da cui mostrare il tutto. Ma a volte si arranca in rapporto alla fluidità e alla gestione degli spazi, facendo emergere una sorta di fastidiosa “renderizzazione” – la macchina da presa come software – che riporta indietro di una tacca ciò che abbiamo appena visto. O di una stella.

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