La grande scommessa

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Un film di Adam McKay.
Con Brad Pitt, Christian Bale, Ryan Gosling, Steve Carell, Marisa Tomei.
Titolo originale The Big Short. Drammatico
Ratings: Kids+13, durata 130 min.
USA 2015. – Universal Pictures

PROGRAMMAZIONE:
venerdì 26 febbraio, ore 21.00
domenica 28 febbraio, ore 18.00
lunedì 29 febbraio, ore 21.00

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Nell’anno 2005, il mercato immobiliare americano appariva più stabile e florido che mai. Chiunque chiedesse un mutuo, preferibilmente a tasso variabile, era quasi certo di ottenerlo. Per questo, quando Michael Burry si presentò in diverse banche per scommettere sostanzialmente contro l’andamento del mercato, nessuno gli negò la possibilità di farlo, e anzi gli risero alle spalle. Michael Burry, però, aveva visto quello che il mondo non vedeva ancora: una pericolosa e crescente instabilità del sistema, peggiorata dalla vendita smodata di pacchetti azionari pressoché nulli, etichettati in maniera fraudolenta.
Il film racconta dunque la scoperta più o meno contemporanea da parte di alcuni uomini della gigantesca “bolla” cresciuta in seno al mercato immobiliare e destinata a scoppiare un paio d’anni dopo con effetti disastrosi. Com’è possibile conciliare lo spettacolo cinematografico, e il tasso fisso d’intrattenimento che deve assicurare, con il racconto di un crack finanziario, dove i protagonisti hanno nomi quali CDO e AAA e la cosa si fa appassionante man mano che si complica? Beh, The Big Short (letteralmente: “il grande scoperto”) dimostra che è possibile; scommette contro le regole date per marmoree del racconto filmico mainstream e vince. Anzi, dati il paradosso a monte e la sorpresa a valle, si può affermare che il film di Adam McKay stravinca, lasciando lo spettatore piacevolmente preso in contropiede.
Questo gioco al ribaltamento sulle aspettative di un pubblico ignaro e impreparato, che funziona bene ad una prima visione, non esaurisce però i meriti del film, che poggia invece su un’architettura narrativa solidissima, ispirata dal libro di Michael Lewis che sta alla base del copione, e su un potente e stratificato ritratto dei personaggi, dove la dimensione della star platealmente travestita e trasformata si assomma al personaggio socialmente eccentrico (ma, in fondo, più vero e all’opposto dello stereotipo) e ad un’avvisaglia di back-story, tutt’altro che leggera, nei casi di Christian Bale e Steve Carell, che li conferma protagonisti assoluti.
Verboso e nevrotico, il film di McKay è anche punteggiato di alcune riuscite trovate autoironiche, quali la scelta di lasciare le spiegazioni più tecniche a Margot Robbie o Selena Gomez, riprese in contesti vergognosamente deputati al lusso e al piacere, e interpellate col loro nome, “bucando” così la parete della mezza finzione per sconfinare comunque in un altro artificio.
Alla fine dei conti, però, l’affondo che porta il film alla vittoria, riporta il castello di carte ad un terreno di scontro umano e comune: alla scelta personale che Baum/Carell è obbligato a compiere al termine della sua crociata e all’epilogo storico e giuridico della grande truffa delle banche. Un epilogo onesto e amaro, in cui il tasso variabile che oscilla più spaventosamente non è quello del mutuo ma della morale.

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