Inside Out 2
Regia di Kelsey Mann.
Un film con Pilar Fogliati, Deva Cassel, Marta Filippi, Federico Cesari, Sara Ciocca.
Genere Animazione, – USA, 2024, durata 96 minuti.
Distribuito da Walt Disney.
Martedì 3 settembre, ore 21:00
€ 4,00 per tutti
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Riley è diventata officialmente una teenager: il che significa apparecchio per i denti, sonni inquieti e un’improvvisa voglia di rispondere male ai genitori. Il fatto è che con la pubertà la consapevolezza di sé di Riley è andata in crisi, complice anche la scoperta che le sue due migliori amiche, Grace e Bree, andranno in un liceo diverso dal suo dopo l’estate. Al momento però le tre ragazze sono in partenza per un campo estivo di hockey che durerà tre giorni, durante i quali Riley cercerà di farsi accettare da un nuovo gruppo per non correre il rischio di restare da sola in futuro. Il nuovo gruppo è una squadra di hockey composta da ragazze più grandi che la vedono come una primina un po’ “cringe”, tranne Viv, la caposquadra, che prende Riley sotto la sua ala. Ma Riley sta provando nuove emozioni e nella sala comandi della sua psiche, finora abitata da Gioia, Rabbia, Tristezza, Paura e Disgusto, arrivano Ennui, Invidia, Imbarazzo e soprattutto Ansia, potenza distruttiva che minaccia di sabotare ogni azione messa in piedi dal dream team capitanato dall’esuberante Gioia.
Era davvero difficile dare un seguito a Inside Out, geniale messa in scena dei costrutti che caratterizzano la mente umana osservati allo stato primario dell’infanzia.
Le idee altrettanto geniali alla base di Inside Out 2 sono due: la prima è quella di seguire la crescita di Riley, il cui personaggio che era basato sulla figlia di Pete Docter, regista e sceneggiatore del film originale, e qui invece “solo” produttore esecutivo (la sceneggiatura questa volta è di Meg LeFauve, che aveva co-firmato anche il copione di Inside Out, e Dave Holstein, mentre il soggetto è di LeFauve insieme a Kelsey Mann, storico animatore Pixar qui al suo debutto alla regia). Questo consente ai bambini che hanno amato il primo film e adesso sono diventati adolescenti di crescere insieme al secondo episodio, un po’ come è successo per la saga di Harry Potter.
La seconda impavida intuizione è quella di ribaltare la premessa del film precedente, che in effetti alla lunga sarebbe risultata claustrofobica, nello stabilire che siamo tutti eterodiretti da emozioni che esercitano un controllo totale dall’interno verso l’esterno: non a caso il film si chiamava Inside Out. Questa premessa rischiava davvero di farci sentire, soprattutto in giovane età, impossibilitati a gestire quei tipi strani che abitano la nostra mente, che agiscono in autonomia e in modo distinto l’uno dall’altro (altrimenti che caratterizzazioni drammaturgiche avrebbero?).
Inside Out 2 invece punta a far agire sinergicamente le emozioni, comprese quelle nuove, che cercano di soppiantare le precedenti perché questa è l’adolescenza: la necessità percepita di cambiare tutto di sé, cedendo al ricatto dell’approvazione dei coetanei e alla preoccupazione di non essere abbastanza per quel mondo che non è composto solo da genitori comprensivi e amici d’infanzia.
Inside Out 2 fa un ottimo lavoro nel ricreare la confusione e la fragilità emotiva che dominano la testa e il cuore degli adolescenti, divorati da sensi di inadeguatezza e inaciditi dal sarcasmo per nascondere le loro false sicurezze. Se il primo film finiva per accettare tutte le emozioni come legittime, questo individua (correttamente) l’ansia come tossica e inutile per gestire le complessità del reale.
A ben guardare in Inside Out 2 c’è anche una critica della positività incrollabile statunitense (Gioia) per lasciare spazio ad emozioni meno assertive: ma mai fino al punto di cedere alla sfiducia nelle proprie possibilità di riuscita. Il messaggio finale è comunque di autonomia di pensiero e di azione, di ammissione delle proprie responsabilità e di cautela verso il diniego dei propri limiti. Riley deve imparare a dominare le proprie spinte conflittuali senza lasciarsi condizionare da nessuno, comprese le proprie emozioni, che sono tutte legittime, ma devono stare su sedile passeggeri, non mettersi al volante.
Se la regia di Mann è meno pirotecnica e viscerale di quella di Docter, la sceneggiatura crea un crescendo emotivo che culmina in una commozione finale che coinvolgerà anche quei genitori che riconosceranno l’autolesionismo adolescenziale dei loro figli. Peccato che i ruoli collaterali di Ennui (molto azzeccata la scelta di Deva Cassel come doppiatrice, nell’originale Adèle Exarchopoulos) e Imbarazzo, siano poco sviluppati, sia perché sono componenti fondamentali del make-up emotivo di un teenager, sia perché avrebbero potuto costituire una splendida sponda comica, e per la caratterizzazione poco a fuoco di Invidia, che appare molto poco invidiosa.
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