Avatar – La via dell’acqua

Regia di James Cameron.
Un film Da vedere 2022 con Sam Worthington, Zoe Saldana, Sigourney Weaver, Stephen Lang, Kate Winslet.
Titolo originale: Avatar – The Way of Water
Genere Azione, Avventura, Fantasy, – USA, 2022, durata 192 minuti.
Distribuito da Walt Disney.
Consigli per la visione di bambini e ragazzi: +13

giovedì 05 gennaio – ore 21.00
venerdì 06 gennaio – ore 21.00
sabato 07 gennaio – ore 21.00
Domenica 08 gennaio – ore 21.00
Martedì 10 gennaio – ore 21.00

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Dopo la vittoria sugli invasori umani, i Na’vi hanno vissuto in pace. Con loro sono rimasti alcuni scienziati terrestri insieme ai propri avatar e un ragazzino troppo giovane per essere rispedito sulla Terra. Di nome Spider e figlio del defunto colonnello Quaritch, è cresciuto insieme alla famiglia di Jake Sully, che ha tre figli naturali: il maggiore Neteyam, il ribelle Lo’ak e la piccola Tuk. Inoltre Jake e Neytiri hanno adottato Kiri, figlia dell’avatar di Augustine Grace e di padre ignoto, dotata di una sovrannaturale connessione con Eywa, la grande madre di Pandora. La Terra versa in condizioni sempre peggiori e Pandora può essere una nuova casa per gli umani, che tornano sul pianeta più bellicosi che mai, questa volta anche con soldati avatar – tra i quali un “nuovo” Colonnello Quaritch, ossia un corpo Na’vi abitato da un backup della sua coscienza. Inevitabilmente cercherà vendetta contro Jake, che nel frattempo è diventato il capo dei ribelli Na’vi, e lo obbligherà a lasciare la foresta per cercare rifugio con la famiglia presso i Metkayina, pacifici abitanti di un grande arcipelago.

A dispetto dei molti personaggi, la vera protagonista di Avatar – La via dell’acqua è indiscutibilmente Pandora, ma bastano le sue pur incantevoli bellezze a tenere in piedi un film dalla durata monstre di oltre tre ore?

Cameron fa l’impossibile per ritrovare il senso del meraviglioso del primo film e ripristinare la magia del cinema ancora una volta. La visione di Avatar – La via dell’acqua, va detto subito, ha senso solo in sala. Il regista usa tutti i mezzi tecnologici al momento esistenti, dal 3D allo stato dell’arte della CGI, dal motion capture (per la prima volta anche subacqueo) fino al controverso HFR. Qui si trova la sfida tecnica più interessante, visto che chi vi si era cimentato prima di Cameron aveva fallito: né Lo Hobbit di Peter Jackson, né tanto meno i due film di Ang Lee in HFR (Billy Lynn – Un giorno da eroe e Gemini Man) hanno convinto il pubblico.

Non a caso in campagna promozionale questa tecnologia non è stata citata quasi per nulla, come fosse un argomento tabù. Per farla funzionare Cameron l’ha impiegata in modo significativamente diverso dai suoi precursori: visto che le proiezioni in HFR non sono modulabili e mostrano un maggior numero di fotogrammi al secondo (in questo caso 48) per l’intera durata, il regista canadese ha deciso, per le scene non d’azione, di raddoppiare i fotogrammi del girato, in modo da mostrarne solo i tradizionali 24. In questo modo l’HFR viene applicato o neutralizzato di inquadratura in inquadratura, anche all’interno della stessa scena, evitando quindi il fastidioso effetto da soap opera nei dialoghi in interni.

Ma è la natura stessa di un film in gran parte virtuale come Avatar – La via dell’acqua a prestarsi particolarmente bene a questa tecnica: per esempio che i corpo a corpo avvengano tra creature digitali risolve il problema degli stuntman, che non risultano più credibili quando viene applicata l’iperdefinizione dell’immagine. Allo stesso modo le scene più hi-tech, come quelle spaziali, sono qualcosa di simile alle “cutscene” di un videogame con la miglior computer grafica immaginabile e manderanno in brodo di giuggiole i gamer più esigenti. Ciò detto c’è anche un occasionale rovescio della medaglia: quando sono inquadrate grandi strutture, senza umani o animali intorno a dare il senso di scala, finiscono irrimediabilmente per sembrare modellini giocattolo, come per esempio in un incidente ferroviario all’inizio del film.

La sfida tecnologica è comunque stata decisamente vinta, ma conferma e acuisce il paradosso già del primo Avatar: la serie cinematografica di Cameron è la più hi-tech di sempre, ma allo stesso tempo vuole essere tematicamente antitecnologica. Da una parte ci sono gli invasori umani armati di tutto punto, con veicoli di ogni tipo, robot, astronavi ed esoscheletri. Dall’altra ci sono i Na’vi in comunione con la natura, che favoriscono armi di legno, come archi e lance, e che cavalcano creature native di Pandora. La cosa si fa ancora più paradossale nella parte centrale del film, tutta dedicata alla meraviglia per il mondo subacqueo alieno, che ha una qualità da documentario in alta definizione del National Geographic, ma che mostra un ecosistema irreale. Cameron cerca di farci innamorare della natura, ma lo fa attraverso un mondo artificiale, una finzione realizzata proprio attraverso la tecnologia.

Un altro tema del film è quello dei profughi: la famiglia di Jake si ritrova costretta a chiedere asilo a un popolo straniero, che non li vuole e li accetta solo per via delle imprese militari di Jake. Infatti i giovani Metkayina si comportano come bulli, ostili ai nuovi arrivati – che sono anche meticci con quattro dita, in quanto figli di un avatar e di una Na’vi. Ma limitare la questione alla famiglia di Jake non riesce a essere allegoria dei problemi del mondo reale, dove la crisi è nei movimenti di interi popoli. Richiama semmai la condizione delle famiglie senza cittadinanza delle minoranze statunitensi.

Un altro tema non del tutto riuscito è l’estinzione delle balene: su Pandora vive una specie simile ai nostri cetacei, i Tulkun, che sono però molto intelligenti e letteralmente parlano con i Na’vi. Questa loro capacità viene rivelata all’improvviso, con un dialogo piuttosto assurdo, dove oltretutto non si capisce come un giovane cresciuto tra le foreste, che non ha mai sentito la lingua dei Tulkun, possa comprenderli.

Il vero problema del film è però altrove e riguarda i personaggi. I Metkayina, nonostante tra loro ci sia una donna “recitata” da Kate Winslet, sono molto poco approfonditi, inoltre la trama lascia spesso da parte Jake e Neytiri per un taglio da teen drama, con i problemi dei loro figli considerati reietti. Oltretutto i figli non hanno poi grande personalità e i due maschi sono difficili da distinguere quando non sono insieme, tanto che si fatica a memorizzarne pure il nome. Va meglio con Kiri, “recitata” da Sigourney Weaver, anche perché ha un ruolo unico con singolari poteri.

Alla fine però il personaggio migliore tra i nuovi è Spider, non a caso l’unico interpretato da un attore in carne e ossa, che si troverà nell’ultimo atto di fronte al solo vero sviluppo drammatico del film: cresciuto dai Na’vi vedrà Neytiri massacrare con ferocia gli umani come lui. Anche se lo fa con ragione, è qualcosa di spaventoso per Spider ed è l’inizio di un interessante conflitto interiore tra le sue due nature. Che vi si arrivi solo nell’ultima mezz’ora non può però essere considerato un successo. L’ultimo atto inoltre, pur se indubbiamente spettacolare, manca della portata della guerra del capitolo precedente, limitandosi allo scontro tra un villaggio e l’equipaggio di una baleniera. La vera insurrezione è rimandata al prossimo film, ma dopo tre ore di durata è troppo poco.

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