A riveder le stelle

Regia di Emanuele Caruso.
Un film con Giuseppe Cederna, Maya Sansa, Franco Berrino.
Genere Drammatico, – Italia, 2020, durata 73 minuti.
Distribuito da Obiettivo Cinema.
Consigli per la visione di bambini e ragazzi: Film per tutti

Venerdì 1 Aprile ore 21.00
Domenica 3 Aprile ore 21.00
Lunedì 4 Aprile ore 21.00
Martedì 5 Aprile ore 21.00

Il martedì ingresso per tutti € 4,00

Si ricorda che, dal 25 dicembre, per accedere alla visione dei film in sala è necessario il green pass rafforzato, richiesto ed obbligatorio, e di indossare dispositivi di protezione delle vie respiratorie di tipo FFP2

Sei persone si mettono in cammino per sette giorni, percorrendo 36 km tra le montagne della Val Grande piemontese, per riscoprire la bellezza della natura incontaminata. Il paesaggio intorno a loro è ricco e selvaggio, la mano dell’uomo non l’ha raggiunto, almeno non del tutto e la natura segue spontaneamente il suo corso, regalando bellissime albe e tramonti, ma anche piogge inarrestabili e inverni rigidi. Così queste sei persone attraversano la rigogliosa Val Grande e sperimentano la lontananza da tutto ciò che ha a che fare con l’intervento dell’uomo, e anche con la necessità di possedere tutto, di soddisfare ogni bisogno, arrivando a chiedersi quanto senso abbia mettere in pericolo la Terra per assecondare esigenze che in fondo sono solo fantasmi.

A riveder le stelle è un documentario sul cambiamento climatico da cui avremmo voluto meno analogie e più cinema, per riflettere sulla magnificenza del nostro prezioso Pianeta Terra.

Diretto da Emanuele Caruso, A riveder le stelle vede come protagonisti sei persone che provengono da realtà e ambienti sociali completamente differenti: c’è l’attore di cinema e teatro Giuseppe Cederna, anche alpinista, e con lui l’attrice Maya Sansa, che accetta la proposta di questo viaggio per mettersi in gioco. C’è Franco Berrino, epidemiologo e luminare nel campo della lotta al cancro e c’è Lorenzo, ventiduenne che lavora come cuoco in un ristorante. Infine ci sono Valter, falegname e attore teatrale, ora disoccupato e Stefania, massofisioterapista e imprenditrice di se stessa, che ha deciso di lasciare la città per andare a vivere da sola nel verde, fra le colline del basso Piemonte.

Caruso gira il suo documentario con due iPhone e un drone, entrambi alimentati ad energia eco-sostenibile, e non è ovviamente un caso che questo venga sottolineato, perché A riveder le stelle è pensato per essere una lettera al futuro dell’umanità, un ulteriore grido di allarme per porre l’attenzione sul drastico cambiamento climatico in atto negli ultimi anni.

Così il regista segue i personaggi che attraversano il verde e si riposano nei rifugi, discutono fra di loro o soli di fronte alla camera, argomentando su questioni oggi più che mai fondamentali, come il circolo vizioso “bisogno e ricreazione del bisogno” messo in atto dall’assetto capitalistico, dal quale si è formata una società dei consumi che sta, per l’appunto, consumando il Pianeta Terra. E anche se diversi fra loro, i protagonisti di questo documentario sono accomunati da un sentimento di crisi verso un’esistenza che, dietro l’inganno di un benessere indotto, cela una reale tragedia in atto.

Un documentario che quindi attraverso l’ottima idea di un viaggio fra le montagne, lancia un sacrosanto richiamo all’ordine e al contempo veicola il messaggio che forse siamo ancora in tempo per limitare i danni, che se non lo faranno le generazioni più adulte, saranno quelle più giovani ad agire e che, se lo si vuole, vivere senza tutto ciò di cui crediamo di aver bisogno è in fondo possibile.

Ma occorre dirlo, a fronte di un’idea notevole che sceglie il perdersi nella bellezza di una natura immensa e lì a nostra disposizione, sul piano del linguaggio cinematografico invece, il documentario di Emanuele Caruso risulta debole e non certo per la questione dell’esser un’opera a basso costo: questo è piuttosto un punto a favore, in grado di farci riflettere su quanto in fondo si possano limitare i consumi anche quando si fa un film. Il problema si annida più che altro in certe scelte narrative, laddove limitare le immagini della natura ci può anche andar bene, ma non se sacrificate per analogie dal tono davvero troppo moralistico che, attraverso la storia del personaggio fittizio Cristina, dovrebbero farci ragionare sulla nostra più che condannabile deresponsabilizzazione.

Insomma anche a fronte di molti documentari e opere di finzione sul tema, forse avremmo voluto meno analogie e meno parole, ma più immagini a render onore al verde, immagini che se potenti abbastanza sarebbero bastate a farci riflettere sulla magnificenza di un Pianeta che da sempre ci nutre e sostiene.

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